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bellissimo; non somigliava punto all’uomo che tutte le fanciulle sognano, tra i quattordici e i diciott’anni, e che ella aveva sognato come tutte le altre. E nel punto che ella pensava così, le passò davanti agli occhi della mente l’immagine di Marbaudo. E tremò; ma fu un tremito passeggiero, a cui tenne dietro un sorriso di compassione.
Marbaudo era un aldione, quasi un servo della gleba, per lei. Era anche un bel giovane. Ma che importa ad una donna che l’uomo sia bello, se egli non è potente del pari, secondo il grado d’ambizione a cui ella è giunta, o per condizione di vita, o per tentazione degli spiriti maligni, che parlano al cuore con gli esempi dell’altrui fortuna e ricchezza?
Se Getruda fosse stata una bella regina, scambio d’essere una bella figliuola di lavoratori dei campi, meno male; avrebbe anche potuto essere capricciosa nella scelta, e ragionare a un dipresso così:
“Ecco un bello e forte uomo, che nelle sue rozze vesti ha un’aria di principe; vediamo