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Capitolo III.

Come prendessero colore i sogni ambiziosi della bianca Getruda.

Ah sì, aveva ragione il nero castellano; Getruda bianca non era fatta per dar la mano ad un povero aldione, bensì per piacere ad un castellano, ad un conte, ad un re. Quante volte non glielo aveva detto l’acqua della fonte, su cui si era inchinata? E ancora glielo diceva, posto accortamente di sbieco verso la luce del sole, uno specchio di metallo, donato a sua madre dalla nobile Gerberga, moglie del conte Aleramo, e figliuola di re. Ah, parer bella egualmente al figlio di Aleramo, al figliastro della nobile Gerberga, quale fortuna! Perchè fino allora Getruda non aveva veduto