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Come vedete, Marbaudo era ritenuto un diavolo, ma un diavolo di buon’indole, un diavolo buon cristiano, poichè sapeva all’occorrenza fare il segno della croce, che metteva in fuga i lupi mannari. Del resto, già fin di allora si dava del diavolo per celia, e s’intendeva di dire un brav’uomo, capace di cavarsi da ogni passo difficile. E così, quando si diceva il diavolo di Biestro, il diavolo degli Arimanni, s’intendeva sempre Marbaudo, che abitava agli Arimanni, e che veniva da Biestro.
La celia faceva sorridere il giovanotto, che ben sapeva, senza essere vano, di non somigliar punto, neanche lontanamente, a quella brutta figura antipatica che la leggenda ha regalata allo spirito delle tenebre. In due cose soltanto era un po’ diavolo: nell’andar molto in giro di notte, del che sappiamo oramai la cagione, e nel vederci molto bene di notte, cosa che può essere conseguenza naturale dell’altra. Infatti, è noto che un senso si aguzza e si perfeziona quanto più accade di esercitarlo.