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la sorte di quella famiglia di contadini destava l’invidia di tutto il vicinato; come a dire di tutti gli aldioni di San Donato, di Ferrania, di Croceferrea, e via discorrendo.
Croceferrea, che mi è accaduto di nominare, e che già incominciava a chiamarsi brevemente Cosseria, traeva il suo nome della croce di ferro che segnava lassù il confine tra le due diocesi di Alba e di Savona. Fra luogo assai contestato, in quel tempo; la curia di Alba voleva la sua parte di decime, e la curia di Savona non voleva rinunziare alla sua. Gli Aleramici, come più vicini, e desiderosi di avere su quel monte un baluardo della loro nascente fortuna, si erano impadroniti della terra e negavano volentieri ad Alba ed a Savona i loro respettivi diritti. Evidentemente i figliuoli d’Aleramo sentivano poco timore del finimondo. E non ne sentiva affatto il castellano Rainerio, che faceva frequenti apparizioni lassù, e frequenti atti di dominio in nome del suo signore e padrone.
Che cosa pretendevano infine da Cosseria quei vescovi lontani, i quali non avevano