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stissimo fatto di Croceferrea, il conte Anselmo aveva fondato un’abbazia di frati sul territorio di Spigno, dotandola con liberalità singolare di privilegi e possessi; e ciò fino dal 991, un anno dopo i casi che abbiamo narrati.
Cosi il povero conte aveva creduto di spegnere i rimorsi suoi, ed anche di scemare la collera del cielo.
Ma egli pareva che ciò non bastasse ancora. La stregoneria che lo aveva tanto colpito nel manso di Croceferrea e nel prato di San Donato, durava ancora in quest’ultimo luogo, più paurosa che mai.
Nell’anno 991, che fu quello dopo la gara dei falciatori, il vasto maggese non diede un fil d’erba, quantunque il fieno si vedesse rigoglioso lungo le ripe e le falde delle circostanti colline. E neppure un fil di erba ci nacque nell’anno seguente; in guisa che parve conveniente di disfare il prato e di mettere il campo a frumento.
Ma neanche allora il terreno fruttò; nè spica si vide, nò principio di stelo.
Quella vasta pianura, tondeggiante come