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per fame. Ottone non aveva tempo di aspettare. Offerse patti onorevoli all’avversario, e Crescenzio li accettò; ma Ottone non li mantenne. Avuto il console in suo potere, lo fece decapitare scnz’altro, abbandonando la moglie di lui, Stefania, alla brutalità dei soldati.

Per questa cara gioia d’imperatore avrebbe dovuto venire, anche anticipata di due anni, la fine del mondo. Gli fu in quella vece posticipata d’altri due la sua fine particolare, a Paterno, dove l’animosa donna prese vendetta allegra, per il marito e per sè. Ma questo è un bel fatto, che esce dal quadro più modesto che abbiamo preso a dipingere. Ritorniamo dunque a Roma, nell’anno 998, nel mese di maggio, due mesi dopo la resa di Castel Sant’Angelo e la fine miseranda dell’infelice Crescenzio.

La Curia Romana ò più potente che mai sul popolo, e contro i baroni, che qualche volta si atteggiano a difensori del popolo. Ma essa è più che mai soggetta a quei Sassoni, nei quali ha fatto rivivere il titolo imperiale di Carlomagno.