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— Non posso intendere che cosa sia stato; — diss’egli. — Sospetto quasi una malìa. Le mie povere bestie rifiutarono perfino il cibo, con cui avevo disegnato di confortarli. Anche i cani, messer conte, quando passò davanti a noi quel negro stormo, diedero segni di terrore. Si tiravano indietro, si accostavano gli uni agli altri, e guaivano, come quando la terra trema. Oh i brutti uccelli neri! e non mai veduti finora!
— Speriamo di non vederli mai più; — disse il conte.
— Dio guardi, se pronosticassero la fine del mondo! — mormorò uno dei militi.
— Come! anche tu credi?...
— Eh, messer conte, io sono un povero ignorante di cose sacre; ma quelli che sanno, dicono che la fine del mondo sarà annunziata da strani prodigi.
— Orbene, — disse il conte, sforzandosi di sorridere, — venga pure la fine del mondo. Il gran fatto non ci coglierà alla sprovveduta. Per intanto, non verremo più in questi luoghi maledetti. A cavallo. —