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sull’aia del manso di Croceferrea il conte Anselmo sentiva dentro di sò che quei casi strani avvenuti erano la verità, e sognò in quella vece i suoi dubbi.

Tra questi pensieri ondeggiava, quando gli si accostò il vecchio Dodone, con atto rispettoso.

— Sei tu il nostro signor conte? — diceva l’aldione, levandosi la berretta e inchinandosi profondamente. — È un giorno fortunato per me, che tu ti degni di visitar la casa del tuo servo, poichè avrei qualche cosa da dirti.

— Grazie! — mormorò tristamente Anselmo.

— Che vuoi tu buon Dodone? —

E così dicendo, chetava col gesto gli amici del vecchio, i quali si erano avanzati, per trattenerlo.

— Nulla per me; — disse Dodone. — Io son vecchio e non desidero nulla. Vivo qui, sulla terra dove son nato, e mi basta. Ma ho da farti una confessione, mio signore. Tu sei buono, mi dicono tutti, e l’ascolterai benignamente; non farai come Rainerio, il tuo malvagio castellano, che non vuol sentir la ra-