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Anche Marbaudo avrebbero voluto strappare di là; ma egli non si lasciò persuadere, e rimase a singhiozzare in un angolo della stanza. Il poveretto faceva pietà; condannato a soffrire, se quella donna fosse vissuta, condannato a soffrire poichè quella donna era morta.

Non pregato da alcuno, escì il conte Anselmo a passeggiare sull’aia, ma senza osar più di metter il piede in quel punto dove lo avevano attorniato i saltatori beffardi. Ma era poi vero che quella scena gli fosse accaduta? Ci pensava, e non sapeva capacitarsene. Pensava ancora al suo dolce colloquio con la bella Gctruda e gli pareva di avere sognato. Forse sognava ancora, ed era quella la parte brutta del sogno. Ah, se avesse potuto svegliarsi, laggiù, nelle sue stanze di Acqui, e ridere de’ suoi terrori notturni! Ma no, non poteva essere, pur troppo, non poteva essere ch’egli avesse sognato. Anche nel sogno, quando un barlume di coscienza ci fa dubitare, anche nel sogno sentiamo che l’inganno della fantasia finirà tra non molto! Ma là,