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— Virtù della croce, o conte! — rispose il canonico Ansperto, felice di escire a così buon patto da una grande difficolta. Ella si mostra, e cedono il campo le potenze infernali. —
Ma dov’era Getruda? E dove Legio, il maledetto vincitor della gara? Questo era il nodo della quistione, mentre la ridda dei diavoli minori intorno al conte Anselmo si poteva considerare come uno scherzo.
Riavutosi dal suo smarrimento, il conte Anselmo potè raccontar brevemente agli astanti come Regio avesse condotta entro casa la figlia di Dodone, e come la coppia nuziale fosse stata seguita da un numeroso stuolo di donzelli, recanti su guanciali di seta o in coppe di prezioso metallo, o in custodie di cristallo e stipi d’ebano intarsiati d’avorio, i donativi dello sposo. Naturalmente fiutando una stregoneria in tutto quell’apparato sontuoso, e sopra tutto non credendo affatto alla chiacchiera di Regio, che si era spacciato per Costantino Macèdone, fratello dell’imperatore di Bisanzio, e cognato del morto imperator di Ramaglia, Anselmo aveva voluto scagliarsi