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mentre quell’altro, Costantino Macèdone, fratello di Basilio imperatore e di Teofania imperatrice, le si presentava vincitor della gara, sostenuta per lei, pronto ad impalmarla, come suo legittimo sposo e signore.
— E sei tu.... — balbettava frattanto il conte Anselmo; — sei tu il vincitore della gara?
— Chiedi a Scarrone, tuo banditore; — rispose quell’altro. — Egli che a suon di tromba ha indetta la gara, egli che è stato testimone delle opere mie, egli ti dirà che io ho meritata la mano di questa bellissima tra le belle.
— Sì, messer conte; — disse allora Scarrone. — Erano cinque in gara: Marbaudo, il Matto, Ermenfredo e Ataulfo scherani di Rainerio tuo castellano, e questo nobilissimo principe, che si era presentato sotto il nome di Legio. Fino a poco fa nessuno seppe il vero esser suo; e me ne duole, perchè non gli ho resi tutti gli onori che meritava l’alto suo grado.
— Un finto nome! — disse Anselmo. — Tu dunque non eri iscritto col tuo vero nome? ed è Legio che ha vinto, non Costantino Macèdone?