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Ma no; egli vedeva pur bene, e non lo tradivano i sensi; tra lui e quell’altro si diradava a mano a mano il maggese, e Marbaudo incominciava a scorgere, attraverso poche bracciate di steli, tutto il gran prato falciato, fino alla riva del fiume. E la falce lunga, e il gran manico crescente, giunto oramai alla misura di una lancia gigantesca, andavano attorno radendo il verde tappeto.

Marbaudo allora si lasciò cadere di pugno la sua falce, non più istrumento d’uomini, ma trastullo da bambini, a petto di quell’altra, e vide ad un tratto le sue speranze perdute. Iddio, che aveva invocato, lo abbandonava; l’inferno era congiurato contro di lui.

Com’egli ebbe lasciato cader la sua falce, anche quell’altro si fermò.

— Non temere, — disse il falciatore misterioso a Marbaudo, — non temere che io venga a tagliarti l’erba sotto i piedi. Sono un buon diavolo, io, e voglio lasciarne anche un pochino per te. Mi volterò invece contro quegli altri, che ti stanno alla destra. —

Marbaudo si voltò macchinalmente al suo