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Frattanto, il giovane Marbaudo lavorava a gran furia. Aveva veduto giungere il nuovo competitore, ma non ci aveva badato più die tanto. — Per lui, fossero quattro, in gara, o fossero cento, doveva faticare egualmente; e il fermarsi a guardare non lo avrebbe punto vantaggiato.

Perciò seguitava a falciare; e in due ore di fatica, senza posar mai un istante, aveva fatto il lavoro di quattro uomini.

Ma più avanzava, spesseggiando i suoi colpi, più doveva pensare che la stanchezza lo avrebbe vinto.

Già incominciava a grondargli dalle tempia il sudore; ed egli per non perdere il tempo, non si rasciugava nemmeno la fronte.

— Ancora un centinaio di falciate„ diceva tra sè — e poi mi riposerò il tempo di un’avemaria. —

Ma quando i cento colpi eran dati, rimandava quell’istante di riposo dopo altri cento; poi dopo altri cinquanta, dopo altri venti, dopo altri dieci, e così via, mantenendo le forze con la promessa di ricogliere il fiato tra breve.