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tronco di salcio, lungo e diritto come una lancia, e lo tagliò con quattro colpi di un pennato, che portava alla cintola; quindi, svettatolo e levatine d’un colpo netto i ramoscelli minori, si pose il tronco sotto il braccio, per ritornarsene verso la chiesuola.

Così rifacendo lemme lemme il cammino, seguitava a rimondare il tronco, a scortecciarlo, a levarne i nodi, per adattarlo poi alla staffa della sua falce.

Quando giunse davanti a Rainerio, il suo lavoro era quasi finito.

— Ecco qua, — diss’egli, volgendosi agli scalimi, — un bel manico di falce.

— Legno troppo fresco! — osservò uno di loro. — Ti si piegherà tra lo mani.

— Eh, ci vorrà pazienza; — rispose Legio. — Non si può mica aver tutto.

— Ed anche è troppo lungo; — notò l’altro scalano. — Dovete lavorar tutti con falci della medesima lunghezza.

— Contentiamo questo degno scabino; — disse Legio, troncando d’un colpo una buona metà della sua lancia. — Va bene cosè?