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ad esagerarne il potere, che non a giudicarlo nella giusta misura; nè, dato il caso, si sarebbe fermata a quel punto con le sue ambizioni. Se fosse capitato da quelle parti, e magari in quell’ora, un re di Neustria, o lo stesso imperatore di Lamagna, povero conte Anselmo! sarebbe andato a tener compagnia al castellano Rainerio.

Ma imperatori e re, per fortuna d’Anselmo, erano lonlan di là. Anselmo vinceva; e, felice della vittoria, non pensò di svegliare la figliuola di Dodone dal suo sogno ambizioso.

Aveva tuttavia steso il braccio, per avvinghiarla dolcemente. Ma dolcemente ella si liberò dalla stretta.

— Perchè non mi lasci sognare? — gli disse, con un filo di voce.

— In due; — rispose il conte. — Ti dispiace egli che sogniamo in due?

— No, — replicò l’astuta, — ma tu devi pensare ad altro, bel conte. È da uomo savio e potente, come tu sei, il provvedere al futuro. Io voglio esser tua; te lo giuro. Ma sarò tua.... — soggiunse, abbassando la voce, — nel ca-