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— Fredegonda fu bellissima, per quel che si narra — disse Getruda.

— Ah! bene! — esclamò il conte Anselmo. — Ecco una cosa che non m’aspettavo di sentir ricordata a Croceferrea. Tu conosci anche le istorie, Getruda? E quando penso che tutto ciò andrà perduto in balla d’un falciatore!...

— Tu l’hai voluto, mio signore, — mormorò Getruda. — L’editto è tuo!

Anselmo trasse un profondo sospiro; quindi rispose:

— Sapevo io forse che si trattasse di tanta bellezza? Il mio castellano si guardò bene dal dirmelo. Se lo avessi saputo, ben altro sarebbe riescito l’editto. Abbia la divina Getruda in moglie, avrei comandato, abbia la divina Getruda colui che sarà andato lassù, a spiccare la stella Diana dalla vòlta azzurra del firmamento. —

La lode era smaccata; ma nella più parte dei casi sono le lodi smaccate quelle che giovano. Getruda nascose la faccia, arrossendo di piacere.

— Ora, pur troppo, — soggiunse Anselmo