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Questo, io lo capivo benissimo, sapendo di quali forze soprannaturali disponga il personaggio. Ma in verità mi pareva strano che il diavolo si fosse scomodato così, per far la burletta a quattro poveri contadini; e borbottavo tra i denti, ascoltando la leggenda di Biagio, il precetto oraziano: Nec deus intersit, nisi dignus vindice nodus....

— Forse, pensavo ancora, questa intromissione del diavolo in una faccenda di puro ordine campestre, dimostra la scarsità delle idee di quell’umile classe in cui la favola è nata; forse dimostra che vita di stenti questi poveri volghi agresti fossero costretti a condurre, sotto la dura legge dei loro signori, o dei castaldi che i signori preponevano allo sfruttamento delle terre e degli uomini della gleba. Ma, lo ripeto, qui non c’è una storia che meriti l’alto intervento di un essere soprannaturale; e se Biagio crede che io possa servirmi della sua leggenda per tesserne un racconto ai popoli universi, io gli dirò qui ancora, come gli dico spesso, quando fa correre troppo la sua Nina: “adagio, Biagio!„