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— Se l’è rosa fiorirà; se l’è spina pungerà; — sentenziò quello dei falciatori che chiamavano il Matto.

— È vero, ragazzo mio! — disse il conte. — Ma siccome non c’è rosa senza spine, io ti auguro di pungerti bene.

— Ah si! e per non avere la rosa!

— Perchè dici tu questo?

— Perchè in un giorno non si falcia questo prato, nè da un uomo solo, nè da due.

— E allora perchè sei rimasto in gara?

— Perchè, mio signore? Perchè ho detto tra me; se ci sono dei matti che accettano di gareggiare ai patti del diavolo, perchè non ci starei io, che mi chiamo il Matto? Infine, se la ragazza non la dànno a Marbaudo, che è sicuramente il più forte di noi altri, potrebbero anche darla a me, che sono senza dubbio il più bello. Oh gua’! —

Così dicendo, il Matto fece una smorfia ed un salto.

— La modestia, — osservò il conte Anselmo, — non è mai passata sull’uscio di casa tua.

— Sì, mio signore, è passata; — rispose il