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mine di un giorno, per riscontro alla offerta di Legio.

Ma anche quella poteva essere stata una gherminella, un’alzata d’ingegno, suggerita a lui, Rainerio, da un sentimento naturalissimo. Lavorando tutti per apparir capaci di falciare il prato in un giorno, nessuno avrebbe riportata la vittoria, ed egli allora avrebbe assegnata a suo talento la palma.

Il conte Anselmo si volse a Rainerio, dopo aver veduti gli uomini che stavano là ritti con le falci al piede.

— Che mi dicevi tu di cinque competitori? — domandò. — Io non no vedo che quattro.

— È vero, — rispose il castellano. — Molti si erano iscritti, ma soli quattro rimasero in gara, poichè l’ultimo venuto dichiarò di poter falciare il prato in un giorno. Ora, è proprio quell’uno che manca.

— Speriamo che venga. Del resto, chi tardi arriva male alloggia, — disse il conte ridendo.

— Voi altri, giovanotti, all’ora assegnata, prendete i vostri posti, e falciate animosamente. Per oggi sarà erba; ma domani, per il vincitore, vuol essere una rosa; non è vero?