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fronte, agguerrita alle carezze del sole e agli ardori volgari di mandriani e bifolchi.

La sera precedente il conte Anselmo si era fermato con la sua comitiva a Dego; e quei terrazzani, secondo il costume, avevano dovuto recare alla casa del suo castaldo tante misure di fieno e di biada quanti erano i cavalli della gualdana, senza contare il tributo di pane, vino e pollame, a quel padrone che si degnava di venire come ospite.

Nella notte si era dormito poco, volendo Anselmo giungere a Cairo prima dell’alba. Egli, infatti, si era alzato nel cuor della notte dal suo giaciglio e aveva destati i suoi militi.

— Amici, sbrighiamoci! — aveva detto. — Fate sellare i cavalli. Mi preme di essere a Cairo prima di giorno, per vedere questa gara di falciatori. Una graziosa novità, in fede mia, e bisognerà darne lode al nostro castellano Rainerio. —

Mezz’ora dopo erano tutti a cavallo, e gli arcieri tenendo a guinzaglio i cani, e i falconieri coi falconi incappucciati sul pugno, aprivano la marcia.