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combattenti a cavallo; laddove i combattenti pedestri erano tutti uomini dei campi, raccolti dalla condizione incerta di aldioni e censuarii, costretti a prestar servizio in certe occasioni, e per certo spazio di tempo, secondo il costume dei luoghi; oppure erano tolti senz’altro alla gleba, e messi nella schiera, come si è detto; donde il lor nome di scherani, anch’esso poi volto a significare altra cosa.
Mi duole nell’anima di dovermi indugiare in queste minuzie. Ma non c’intenderemmo mai più, se queste benedette minuzie non fossero almeno brevemente accennate.
Il conte Anselmo visitava i suoi dominii nelle alte valli della Bormida, col pretesto della caccia, che in ogni altra circostanza avrebbe potuto essere una buona ragione.
Per quella volta il movente della gita era la curiosità di vedere quella bella Getruda, di cui gli aveva tenuto discorso il castellano Rainerio, e per la quale si faceva la gara dei falciatori.
Quella del conte, uomo giovane ancora, amante del piacere, e pronto ad ammirar la