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Ansperto era stato a sentire molto attentamente quella esposizione sommaria di due anime, e non vedeva che ci fosse niente a ridire. Ma un punto restava oscuro. Se il maligno lavorava per gli altri, che bisogno c’era egli che entrasse in gara coi falciatori?

— E sia; — diss’egli; — ma tu, che parte ti serbi in questa faccenda? Vuoi le anime, lo so; ma dianzi mi parlavi....

— Di voler anche l’involucro, non è vero? — interruppe il maligno. — Ebbene, sì; accanto al mio solito fine metto questa volta anche quello di contentare un capriccio. Vincerò io la gara, sposerò io la bianca Getruda, la condurrò io dove sarà necessario. Quella è una sirena che farà naufragare più d’uno.

— Che follie!

— Chiamale pure così. Le mie son debolezze di cuore; le tue, Ansperto, son debolezze di spirito. Che io lavori anche un pochino per altri, non allontana me dal mio fine. Che tu lavori solamente per darla vinta al castellano Rainerio, è imperdonabile davvero. Aggiungi che il chinar la fronte agli impuri capricci