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sto piede Marbaudo, che Getruda aveva trattato così male; mentre il povero ragazzo correva per lei il rischio d’esser dichiarato servo, d’aldione ch’egli era. In verità, erano servi un po’ tutti, à quel tempo; anche i censuarii; ma infine vivevano sulla terra, e, dopo pagate le taglie, erano sicuri di dormire sul campo dei loro sudori; laddove il servo vero e dichiarato tale poteva esserne tratto fuori ad ogni capriccio del padrone, usato ai più umili e repugnanti uffizi, e condannato alla più dura esistenza.

Eppure, l’onesto giovane si era adattato per Getruda a correr quel rischio; era rimasto in gara, e con due scherani del castellano Rainerio. Ah, quella gara!, quella gara dava una gran noia al vecchio Dodone. Non c’era egli altro modo di celebrare la bellezza di sua figlia? E c’era egli poi bisogno di celebrarla? Triste dono, la bellezza, e vero dono del diavolo, se doveva allontanare Getruda dal santo timor di Dio e dal rispetto dei parenti.

Ansperto sapeva bene donde fosse nata l’idea della gara. Ahimè! da una chiacchiera