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ronne, abbassando la sua fiaschetta e chiudendone diligentemente la bocca col suo turacciolo di sughero. — E vi ho domandato poc’anzi se avete capito tutti; e mi avete risposto di sì! Buona gente, bisogna andare dal castellano Rainerio, e dirgli; io mi sento di falciare il prato in tanti giorni, per ottenere la mano della bella Ingetruda. Perchè m’immagino che sarà bella. Io non la conosco, questa Ingetruda, per cui il nostro clemente signore conte Anselmo ha scritta una così lunga pagina e l’ha munita del suo sigillo comitale. E se non sarà bella, avrà un bel peculio da portare in dote allo sposo: non è vero? Dunque, io dico, chi si sente di falciare, si presenti al castellano. Bisogna essere scapoli, s’intende; gli ammogliati sono esclusi, o corrono il rischio di lavorare per la gloria. Tu, per esempio, che hai parlato, o Ferrario, non hai moglie e figliuoli?
— Io sì, — rispose Ferrario, — ma ci ho un fratello, che non è qui, stamane, e a cui potrebbe convenire la prova.
— E tu dunque dirai a tuo fratello che vada,