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non disturbassero col loro canto monotono i suoi delicatissimi nervi. Ed anche senza una ragione come questa, erano obbligati a tal servizio per qualche abate che non poteva soffrire [la voce di quegli innocenti batracii. È ancora rimasta a noi la canzone di que’ poveri villani;
Pa pa renotte pa!
Veci messire l’abbé que Dieu ga.
(Zitte, rannocchie, zitte! Ecco qua monsignor l’abate che Iddio guardi). Altrove era obbligo di danze, quando meno se ne aveva voglia, e senza aiuto di musica; oppure di salti e ruzzoloni d’ubbriachi, senza aver bevuto vino, nè idromele, nè sidro. Per segno di servitù bisognava in certi giorni solenni recarsi in processione davanti al portone del castello padronale, e là, ad un per uno, baciarne divotamente la toppa; in altri giorni andar lassù, trasportando un uccello raro e minuscolo, la cui gabbia era posta su d’uu carro tirato da quattro cavalli. Follie, insomma, follie del di-