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nità che essi portano con sé, all’altare del Dio vero, in cui solo è consolazione, e premio e salvezza. —
Così girava alla predica il buon canonico Ansperto. La predica era il suo forte, o il suo debole, come vi piacerà meglio di dire. Ed è naturale che si caschi da quel Iato verso il quale si pende.
Nè più si parlò del castellano; e la bianca Getruda se ne parti dal chiostro di Santa Maria senza essersi udita ricordare, come temeva, il nome di Rainerio, del tentatore. L’immagine del serpente biblico aveva decorato e coperto ogni cosa.
Ma il serpente, o, per dir meglio, il castellano, aspettava al varco la bella figliuola di Dodone. Essa lo incontrò fuor della porta del borgo, e fu accompagnata da lui un buon tratto di strada, fra Cairo e Croceferrea.
Il barbuto tentatore sapeva dire le coso più tenere, quando voleva, e far risplendere le più belle immagini agli occhi delle donne ambiziose. Dei suoi discorsi sa già qualche cosa il lettore. E poi, si parla sempre bene quando