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di lui. Ma siccome si racconta per tutti i tempi, bisogna dire aveva. E non solamente aveva nome Biagio; non solamente era giovane, vigoroso e sano, ma era anche un buon figliuolo, che aveva fatti i suoi studii ginnasiali nel collegio di Carcare, e poteva all’occorrenza darvi una boccata di latino.
Sospetterei anzi che potesse darla anche di greco, perchè io lo incontrai una sera sull’uscio dell’osteria di Pasqualotto, mentre diceva a certi suoi amici, appoggiando la frase con un’alzata di spalle: “Ebbene, sia come volete, voi scrivetelo coll’omega, io lo scrivo coll’omicron.„
Tutte queste virtù erano accompagnate da due difetti, se pure è da dirsi che sia difetto l’amore.
Biagio aveva due amori, e fortissimi: l’uno per il suo calesse, l’altro per la sua cavalla.
Guai a dirgli male dell’uno o dell’altra! Forse sarebbe stato meglio dirgli male di tutt’e due in una volta, perchè l’esagerazione del biasimo avrebbe nell’animo suo tolta ogni fede alle parole.