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delle labbra, accennò che la Violetta fosse tocca da quel colpo repentino.

— Garasso! — ripetè ella, spalancando i suoi occhi azzurri in atto di maraviglia. — Chi è questo Garasso?

— Ah, non lo sapete? — ripigliò il Giuliani. — Allora ve lo dirò io. Il Garasso.... è il Bello.

— Ne so come prima; — disse la Violetta, stringendosi nelle spalle.

— Cioè a dire moltissimo; — soggiunse il Giuliani. — Questo Garasso, detto il Bello, è il personaggio misterioso, il notturno amante, che furtivo ascende....

— Parla come un libretto d’opera! — disse la Violetta, ridendo, e voltandosi a Marcello, che fu pronto a saettarla d’una tenera occhiata. — Ma voi, — proseguì, volgendosi all’altro, — vedete pure che sono sola.

— Sì, ma egli verrà tra un’ora, il crudo!

— In fede mia, Giuliani, ne sapete più di me.

— Oh, qui, poi, ci avete ragione; so molte cose di lui, che non vi andranno a sangue. Or via, biondissima creatura, volete che vi parli da amico, da uomo a cui foste un giorno «croce e delizia al cor?» Questo Bello, non è un uomo per voi, elegantissima camelia variegata, degna di ornare la risvolta di un abito tagliato dal Cosci, non fatta per insudiciarvi all’occhiello di un Alfredo da trivio, o di un Armando.... da quadrivio. Siete nata per lacerar cuori, ma soltanto ad illustri vittime, come un nobile uccello di rapina. Questo Bello è un farabutto, e la sua giacca ha odore di bisca. Voi stessa lo indovinate, poichè lo nascondete come si nasconde una vergogna. E qui non è tutto. Questo Bello, che, a dirvela di passata, ha venduto la sua gioventù ad una vecchia peccatrice danarosa che si chiama la signora Momina, ha venduto da un pezzo la sua coscienza, e fa un altro mestieraccio che saprete più tardi, quando avrete fatto il proponimento di levarvelo da’ piedi e di aver fede in un vecchio amico, che vi parla per amor vostro, e non senza un suo onestissimo perchè.

— Potevate venire da solo, a dirmele, tutte queste cosacce! — gridò stizzita la donna.

Marcello si avvide che questa era per lui, e da quel destro alleato ch’egli era, afferrò l’occasione per dare un’altra piega al discorso.

— Violetta, perdonate al Giuliani! — diss’egli, stendendo le mani, in atto di chetarla e accostando il viso a mezza spanna dal suo.