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E insieme con questi giramondi, quante lezioni improvvisate di storia, alle tre dopo la mezzanotte, sulla piazza di Sarzano, o sotto la torre del palazzo Ducale! Quanti aneddoti archeologici, quante cronache gentilizie, sul ponte di Carignano, sugli scalini della Malapaga, e giù per lo Stradone di Sant’Agostino! quante cicalate intorno all’architettura bisantina, araba e lombarda, sulla gradinata di San Lorenzo, e in groppa ai leoni del Rubatto!

Nè mancavano le pazzie, che anzi erano frequenti, e non sempre argute. Lo seppero i cartelloni tondi del teatro Carlo Felice, che spesso andarono a far bella mostra di sè, e ad annunziar la serata della Bendazzi, o della Pochini, in luogo della solita Indulgenza plenaria, ai divoti di Sant’Ambrogio. Lo seppero i carri della spazzatura, che più volte ruzzolarono, con grande frastuono, giù per la via Carlo Felice, portando in trionfo qualche Pollione, o qualche conte di Luna, costretto la sera di poi ad omettere la sua cavatina. Lo seppe troppe volte il portone della casa al numero 5 in via Carlo Felice, fatto a due battenti, i cui picchiotti, in forma di S, e girevoli, si incrocicchiavano con bel garbo l’uno sull’altro, per modo che le fantesche mattiniere non potevano più uscire di casa, se qualche pietoso viandante non si faceva a rimuover l’ostacolo.

Ne tralasciamo, per amore di brevità, molte e molte altre, che ai Templarii parevano belle invenzioni, ma non garbavano punto, come s’intenderà facilmente, ai cittadini che avevano necessità di dormire. Accenneremo soltanto, a mo’ d’esempio, certe prediche strambe, piene zeppe di frasi senza costrutto, di testi latini citati a rovescio, che or l’uno or l’altro degli allegri compagnoni andava facendo all’uditorio, dall’alto del muricciuolo di piazza Giustiniani, facendosi mandare al diavolo da tutto il vicinato. La predica finiva, per solito, in un battibecco tra l’oratore e qualche pacifico cittadino, che si affacciava stizzito alla finestra, esponendo il suo berretto da notte alle omeriche risa della brigata. E guai al pacifico cittadino, se gli avveniva di gridare che la notte è fatta per dormire; perchè l’oratore era pronto a rispondergli coi sacri testi alla mano, che chi dorme non piglia pesci, che quello era tempo di far penitenza e non di starsene in panciolle, che bisognava vegliare e pregare per non essere indotti in tentazione, e via discorrendo.

Non erano belle cose certamente, ma bisogna condonarne qualcuna a una gioventù per tanti altri rispetti nobilmente operosa. Paragoniamo, verbigrazia, i Templarii con la società