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«Furono le ultime parole di Goffredo Rudel, che poco stante, felicissimo nella morte, com’era stato infelicissimo in vita, esalava lo spirito tra le braccia della donna adorata. La quale compose la salma di lui in una ricca ed onorevole sepoltura di porfido, su cui fece intagliare alcuni versi in lingua arabica, a ricordo di un così grande amatore.

«E i versi tutti che Goffredo Rudel aveva composti in lode di lei, fece trascrivere in lettere d’oro e serbò gelosamente con sè. Ma, da quel giorno, mai più la contessa di Tripoli fu veduta con faccia lieta. Visse ancora, ma soltanto per ricordare quel giorno, quell’ora, in cui avea conosciuto, e perduto ad un tempo, il signore di Blaia.

«Il codice dei trovatori che si conserva a Roma, nella biblioteca Vaticana, racconta che la contessa di Tripoli, come potè farlo liberamente, si chiuse in un monastero. Tutti gli altri cronisti narrano che non tardasse molto a seguir nella tomba l’uomo che era morto d’amore per lei.»


V.

L’uomo propone e la donna dispone

Così finì il racconto di Aloise di Montalto, che, interrotto sul principio dalle gaie considerazioni della brigata, fu poscia, a mano a mano che si avvicinava alla catastrofe, ascoltato con molto raccoglimento da tutti, segnatamente dalle tre dame.

— Se amassero tutti come Goffredo Rudel! — disse la bianca Maddalena. — Ma, pur troppo, nella vita comune non sarà così; e il suo caso....

— Il suo caso prova, — interruppe prontamente Aloise, — che gli uomini non sono poi così brutti come le signore donne li dipingono.

— Non lo nego, — rispose la marchesa Maddalena, — ma il caso è tuttavia dei più strani.

Aloise si preparava a rispondere; ma Ginevra, accennando col gesto di voler parlare, gli ruppe il filo delle sue argomentazioni.

— Io qui non sono dalla tua; — disse Ginevra. — Io so di un caso anche più strano. —