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catastrofe, accorsero i padrini per rialzare il ferito. Il Cigàla era rimasto attonito, esterrefatto; guardava il caduto con aria smarrita, e guardava la punta della sua spada, senza intendere per qual modo fosse tinta di sangue.
- Un suicidio! - esclamò sommesso il Mattei, mentre, inginocchiato al fianco di Aloise si disponeva a visitar la ferita.
- No; - rispose sollecitamente il giovine; - avevo troppo spinta l’azione, e mi sono infilzato. Cigàla, - aggiunse poscia stendendo la mano a quell’altro, che s’accostò a lui più morto che vivo, - senza rancore!
- Oh, Aloise! - gridò quegli, dando in uno scoppio di pianto, - dimmi che non sono stato io!
Aloise gli strinse la mano.
- Io te lo giuro, - proseguì l’altro, prostrato daccanto a lui, - te lo giuro per l’anima di mia madre, tu ti sei ingannato! Sentimi, Aloise, tu risanerai; il cielo ci concederà questa grazia. Vedrai allora il tuo povero amico, se meritasse un sospetto. Oh, io attendo ora, invoco una guerra sollecita, e una palla d’Austriaco, che mi tolga il rimorso. -
Fu un vaticinio; cinque mesi dopo, il Cigàla, valoroso cavaliere, dava la vita nell’ultima carica di Montebello.
- Chiedo un po’ di silenzio! - disse il Mattei, che stava continuando la sua esplorazione chirurgica.
Ed aggiunse anco un’occhiata eloquente al Morandi e al Riario. Questi si avvicinarono al Cigàla, e lo trassero, sebbene riluttante, fuori del campo.
Rimasto solo coi medici e co’ suoi padrini, Aloise rivolse la parola al Mattei.
- Orbene; - diss’egli a mezza voce, - e quel filosofo greco?
- Che dite voi? - chiese il medico.
- Sì, - continuò il ferito, - l’enfisema!
Il Mattei stette mutolo, ma non gli venne fatto reprimere un sospiro. L’uomo dell’arte aveva riconosciuto come la ferita fosse profonda pur troppo, e come il ferro del Cigàla avesse dovuto penetrare obliquamente fino al pericardio e all’orecchietta destra del cuore. Questo gli dicevano le sue esplorazioni, questo gli era confermato dal pallore estremo del volto, dal respiro che cominciava a farsi affannoso.
- Tanto meglio! - disse allora Aloise. - Debbo dir due parole al Pietrasanta, al Giuliani. Amici miei, vi ho fatto un tristo regalo. Perdonate! A che gioverebbe l’amicizia, se non potessimo fare assegnamento sovr’essa pel nostro bisogno?