Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/33


— 29 —


— Io l’ho già perduto da un pezzo! — aggiunse sospirando il giovinotto.

— Parlate anche per l’assente?

— No, marchesa; qui parlo per me, solamente per me.

— Cigàla, io vo in collera! — interruppe Ginevra.

— E perchè, di grazia?

— Perchè voi dite a tutte le dame la medesima cosa; ed è male, assai male!

— Ma il peggio, signora, è più ancora del male, se ben ricordo gl’insegnamenti del mio maestro di grammatica. Ora il peggio si è che con tutte faccio fiasco egualmente.

— E perchè? non lo indovinate voi, il perchè? — soggiunse Ginevra, proseguendo la celia. — Perchè mirate a troppe. Ora voi non ignorate che cos’abbia sentenziato una nostra gentile antecessora, la contessa di Sciampagna. «Egli non si può amare più d’una donna ad un tempo».

— Verissimo, pel tempo d’allora; — rispose il Cigàla.

— Perchè d’allora, e non d’adesso? — chiese Maddalena.

— Perchè? È presto detto. Perchè una dama a quel tempo era costretta dalle leggi d’amore a non mandar disperato il cavaliere ch’ella avesse ricevuto in sua mercè, il cavaliere che portasse i suoi colori e facesse ogni maniera di prodezze per lei. Che fanno ora, con vostra licenza, le dame? C’incatenano colle loro lusinghe (lusinghe inconsapevoli, involontarie, s’intende) e poi, come fanciulli crudeli cogli animalucci che cascano sotto le loro mani innocenti, si pigliano spasso de’ nostri dolori; ci piantano spille tra le unghie e la carne ci punzecchiano il cuore, come si adopera colle oche, per dilatar loro il fegato; ci mettono a rosolare sulla graticola e in fondo a tutto questo martirio non c’è nemmeno quella speranza del paradiso, che consolava gli antichi confessori della fede cristiana.

— Benissimo! — tartagliò il De’ Carli.

— È pretta verità! — soggiunse il piccolo Riario, battendo del tacco sull’erba.

— Mi fate venir la pelle d’oca! — disse a sua volta ridendo la marchesa Ginevra.

— Ah, buon segno! — gridò con aria di trionfo il Cigàla. — Voi, almeno, sentireste pietà de’ nostri tormenti. Ora, volete intorno a ciò il mio schietto parere? Io non voglio patire a questo modo; io sono un filosofo, non già un santo anacoreta che ami flagellarsi le carni, far penitenza de’ suoi peccati e di quelli degli altri. Amo la donna in tutte le donne;