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Il marchese Antoniotto lo vedeva di buon occhio, come il solo dei suoi giovani visitatori che si adattasse di buon grado alle sue tiranniche voglie di controversia politica. Sicuro; Aloise ragionava di politica, lasciandosi mettere colle spalle al muro al finire d’ogni disputa; inoltre giuocava a scacchi, e pigliava sempre scacco matto. Senonchè, di queste periodiche sconfitte, egli si ricattava in materia di coltivazione, della quale parlava come un doctus in re.

Aloise agronomo? Sissignori; agronomo col marchese Antoniotto, in quella guisa che era botanico colla marchesa Ginevra. E poi ci si venga a parlare delle vocazioni! Se lo aveste sentito, a disputare gravemente col suo ospite di terreni silicei, di magri e di grassi, dove meglio provasse la vite o l’ulivo; di nuove e più acconce maniere di sfruttare la terra; del tempo più adatto al taglio delle piante, e via dicendo, lo avreste tolto per un nobile campagnuolo, per un membro effettivo del Comizio agrario, o che so io.

Quando le conversazioni agricole andavano un po’ per le lunghe (e questo avveniva ogniqualvolta ci fosse stato qualche dissidio nelle conversazioni botaniche) la marchesa Ginevra si faceva a liberare il giovinotto dalle ugne del marito e dai lacci della sua medesima eloquenza, chiamandolo ad altri e più geniali discorsi. Era pietà? era capriccio? Lo stesso Aloise non avrebbe saputo dirlo; ora gli pareva una cosa, ora l’altra. Intanto egli non s’era anche arrisicato a dirle: vi amo; nè ella mai gliene aveva pòrto occasione. E si struggeva, pensando che quella occasione non sarebbe venuta mai; giunto il mattino colla speranza, se ne andava ogni sera colla morte nel cuore, e ammazzava, siam per dire, i cavalli, per la furia di giungere a Genova, come li ammazzava il mattino pel gran desiderio di giungere a Quinto.

Il povero Aloise era per l’appunto in uno de’ suoi più brutti quarti d’ora. Qualche nuvola era apparsa a contristare la serenità del suo mattino. La Ginevra, contegnosa oltremodo con lui, dacchè erano andati a sedersi sotto gli alberi, lo aveva a mala pena guardato; gli occhi della dea non si alzavano dal suo telaio da ricamo, se non per volgersi a questo o a quello de’ suoi più ciarlieri vicini, accompagnando con graziose occhiate le sue graziose risposte. Luce di sguardi, musica di parole, armonia di sorrisi che non andava a lui, che a lui non era dato di libare, o gli si tramutava in veleno! Ma non aveva egli forse meritato quella severità di Ginevra? Non era egli rimasto un’ora senza parole, rispondendo a monosillabi, quando la pietosa Maddalena aveva