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XXVI.

Come Bonaventura trovasse impedimento tra l’uovo e il sale

Nel pomeriggio di quel medesimo giorno, 14 ottobre, pochi minuti dopo il desinare, ch’egli aveva a mala pena assaggiato, Bonaventura Gallegos era nella sua camera di studio. Quel dì gli era venuto in uggia il terrazzo, dove soleva recarsi a fare la sua digestione; i tristi pensieri, che gli giravano per la fantasia, richiedevano il raccoglimento della solitudine. Ancora non sapeva di ciò che avesse fatto il Collini, che in quel punto doveva essere tuttavia a colloquio col Salati; non aveva altro sopraccapo che i suoi brutti presentimenti; ma ce n’era d’avanzo per occupargli lo spirito.

Da pochi minuti, come abbiam detto, egli era là chiuso, seduto nel suo seggiolone, assorto nelle sue meditazioni, allorquando venne a rompergliene il filo una scampanellata all’uscio, e poco stante la signora Marianna gli porgeva una lettera, recata da un servo della marchesa di Priamar.

Un foglio di Lilla! Che voleva dir ciò? Quella sera medesima egli aveva fatto conto di andare da lei, ed essa lo aspettava certamente. Perchè quella lettera di lei? di lei, che non gli aveva mai scritto? Bonaventura pigliò la lettera, chiedendo alla governante se il servitore aspettasse risposta; la signora Marianna gli disse di no, perchè il servitore se n’era andato senz’altro aspettare; egli allora congedò la signora Marianna, e ruppe il suggello della sopraccarta.

Nel foglio della marchesa erano pochissimi versi. Lilla desiderava vederlo, per dargli ragguaglio d’alcune cose sue. E ciò gli parve assai poco. In quella vece gli parve soverchio un «Padre reverendissimo» col quale era cominciata la lettera, e il battere le labbra in atto sdegnoso, com’egli fece, avrebbe potuto mostrare come quelle due parole gli dessero maledettamente sui nervi. Al cospetto di quella donna gli pesava il suo stato chiesastico, e gli cuoceva sentirselo ricordare da lei. Perchè dargli quel titolo di rispettosa cerimonia, ella che, conversando con lui, soleva chiamarlo col nome di amico? Sempre la stessa! pensò. E non avrà da mutarsi mai? Non sente ella ancora d’essere in mio potere?

In quel mezzo, l’orologio a pendolo che stava nell’anticamera, suonò le quattro. Allora, pensando che se la marchesa