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fino al portone della villa, ed io gli dissi: a rivederci. Perchè? Non lo so. Quell’uomo mi piaceva, perchè era mesto, perchè ne’ suoi modi, ne’ suoi discorsi, non c’era nulla di volgare. Credete che egli operasse in tal guisa con un secondo fine? Poteva egli sapere di trovarmi lassù?

- Continuate, Salvani; il vostro racconto mi tiene attentissimo.

- Il giorno seguente egli stava aspettandomi a mezza strada, fra la Montalda e la Bricca. Seppi che dimorava in una sua palazzina, di là da quel bosco. Mi offerse di condurmi a riposare un tratto nel suo èremo; ci andai, e vidi una casa malinconica come il suo padrone. Colà rimanemmo a lungo, ragionando di mille cose e di nessuna. Non mi chiese nulla de’ fatti miei; solo mi parlò di forti dolori dell’animo, i quali distruggono la sanità del corpo: e così, senza sforzo, mi sentii tratto a confessargli che il mio male era nel cuore. Anch’egli mi narrò di aver molto patito; nè mi diceva cosa nuova, perchè l’avevo già indovinata al solo vederlo. C’intendemmo in tal guisa; nè fu bisogno di più minuti particolari. Poco parlammo del presente, assai più del passato; egli mi narrò della sua sconsolata giovinezza, io della morte di mio padre sulla tomba di sua moglie, della mia povera madre. Vi accenno la cosa, perchè ricordo di averlo veduto piangere. Così diventammo amici; così venni a raccontargli una parte di me. Nè egli mi aveva chiesto nulla: egli sapeva a mala pena il mio nome, e lo sapeva per caso; poichè avendomi egli tolto, la prima volta che mi profferse il suo aiuto, pel marchese di Montalto, io gli avevo risposto chiamarmi Salvani, e non esser altro che l’ospite e l’amico di Aloise.

- Segno che non lo conosceva! - notò il Giuliani.

- Di veduta, no certo; - soggiunse Lorenzo; - ma dimorando da queste parti, e dovendo passare ogni giorno per questo sentiero, aveva veduto il palazzo e saputo il nome del padrone.

- Avete ragione; continuate.

- Ho finito. In questi ultimi giorni abbiamo continuato a vederci, e ogni nuovo colloquio non ha potuto che raffermare nell’animo mio il buon concetto che m’ero formato di lui; per modo che mi sapeva mill’anni di veder voi, l’Assereto e Aloise, per farvelo conoscere ed amare. Non amate voi i vecchi, Giuliani? Non vi par egli di starci meno a disagio che coi giovani? La loro compostezza, la severità, poniamo anco soverchia, non vi urtano, non vi opprimono, come la spensierata allegrezza, come lo spirito chiassoso,