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fane, versiere, biliorse, arcaliffe, che nemmeno il diavolo le vorrebbe in cucina per fargli la zuppa! Ma, l’hanno a pagar cara! Venga chi so dir io al comando, e se n’andranno tutte quante in mezzo alla strada, se n’andranno!

— Scellerato! Lo sentite? — esclamò la badessa, volgendosi con aria stupefatta alle suore.

— Sì, e voglio che mi sentano perfino da Mascherona, e dal pozzo di Sarzano! — incalzò il gobbo. — Sì, l’ho detto e lo ripeto, in mezzo alla strada!

— Sta bene, — soggiunse un’altra delle Madri; — intanto andateci voi.

— E non troveranno un cane che faccia loro la limosina di un osso.

— Santa pazienza! — esclamò la Madre Maddalena.

— Ma andate, suvvia! — gridarono allora, facendoglisi incontro, parecchie delle più robuste.

Orfeo capì allora che non c’era più tempo da perdere, e passò incontanente la porta. Le Madri finalmente respirarono; ma Pasquale non aveva anche finito, poichè, comparso da capo nel vano, alzò il braccio, tese l’indice in atto di maledizione, gridando con quanto fiato aveva in corpo: — se n’andranno; sì, se n’andranno! —

E fu la sua ultima: dopo di che scese le scale brontolando, seguito dalla conversa, che gli aperse la porta di servizio e gliela richiuse tosto sulla gobba.

Egli era già in istrada, allorquando, vedendosi colle braccia penzoloni e le mani inoperose, si sovvenne del suo pentolino, che nella fretta aveva dimenticato lassù.

Tornò indietro, col proposito deliberato di bussare e andarsi a pigliare il fatto suo; ma quando fu per abbrancare la corda del campanello, un’altra cosa gli sovvenne, cioè il voto che avea fatto pur dianzi di rompersi il nodo del collo, se riponeva piede nel monastero. Ora mastro Pasquale era superstizioso, e portava al suo collo quel ragionevole amore che ci hanno, si può dire, tutti i figli d’Adamo.

— Se me lo rompessi davvero? — pensò il legnaiuolo. — No, no, Pasquale; la donna che te l’ha fatto, l’è ita in gloria, e non potrebbe più fabbricartene uno nuovo. Aggiungi, che da questo ginepraio ne sei uscito a buon patto, e la Provvidenza non s’ha a tentarla due volte. Ma adagio un tantino; ne sono io poi uscito tanto a buon patto? Un trecento di lire le buscavo, e dove quelle andavano, non ne occorrevano altre. Ora, chi m’avesse visto e udito poc’anzi, trar calci a quella moneta, non m’avrebbe tolto pel