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Quest’ultima parte del periodo, il Martini se la tenne tra’ denti, e noi la riferiamo, tanto per dipingervi l’uomo. Ex ore tuo te judico, dice il proverbio latino. Il Martini, come le sue parole dimostravano, era un capo ameno, se altro fu mai, sempre ricco di facezie, strambotti ed altre piacevolezze, anche nei momenti più gravi; vero tipo di popolano genovese, col suo ingegno naturale e non senza una certa coltura letteraria, frutto di buona volontà, anzichè di studi fatti. Aveva trentacinque anni; era scapolo; aveva combattuto in Lombardia, ed era giunto al grado di sottotenente nella difesa di Venezia; tornato in patria, aveva ripigliato il suo antico mestiere di bottaio, e cacciava innanzi i cerchi a colpi di mazzo, colla medesima ilarità, colla medesima lena operosa, con cui s’era guadagnato il cerchio di filo d’argento, intorno alla fascia della sua berretta da volontario. Nè tra il pialletto, la spina, il mazzo, il cocchiumatoio e gli altri ferri dell’arte sua, dimenticava la politica, vero ed unico ferro, stiam per dire, dell’anima sua. Nelle ore d’ozio, leggeva sempre; si metteva quotidianamente in corpo l’Italia del Popolo, il Movimento, e quant’altri fogli stampati gli capitassero sotto le mani; nè soltanto li leggeva, ma vi faceva le sue chiose, e se mai lo scrittore gli usciva di riga, avevate a sentirlo, come lo pettinava colla sua lingua! Ma quando, per contro, gli andava a’ versi una cosa, non c’era santi a levargliela di testa, e si sarebbe buttato nel fuoco, se ciò fosse bisognato a provare che aveva ragione. Pensava col suo capo, insomma, se talvolta operava secondo il cenno degli altri. Nella rivolta, verbigrazia, egli c’era, non tanto perchè questa gli piacesse, o gli sembrasse sicura, quanto perchè molti succianespole, diceva egli, molti ciarloni, buoni a nulla, non parlavano d’altro che di menar le mani, ed egli voleva vederli un po’ da vicino, i larghi promettitori, e fare a chi lavorasse più sodo. Il Salvani, severo, scarso di parole, gli era piaciuto; nè meno era piaciuto egli, col suo carattere schietto ed aperto, al Salvani, che anzi lo aveva voluto della sua banda, e suo primo uffiziale.

Alle parole del Martini, Lorenzo aveva crollato il capo e dimenate le labbra.

- Diamine! - esclamò egli, dopo una breve pausa. - E quanti sono?

- Qui venticinque, ed Ella fa ventisei. Là di rimpetto, or fanno tre minuti, erano diciotto. Ora ventisei e diciotto, se bene ho imparata l’aritmetica, fanno quarantaquattro, e