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falde della collina, facevano ceppo le case dell’antico municipio romano; qui, nei secoli barbari, o rimbarbariti d’intorno al Mille, sorgeva il castello dalle tre torri, che lasciò il suo ritratto ad impronta delle prime monete di Genova e le sue vecchie mura ad abitazione del vescovo, per tutto quel tempo che l’episcopato tenne la potestà civile, diventata res nullius nella decadenza dei conti carolingi, fino a che i cittadini non ebbero la buona pensata di ripigliarsi il fatto loro, e di mettere i consoli in luogo dei diaconi.

Rimasto in balìa della mensa vescovile (dacchè il Comune era sceso a far casa da sè) il Castello fu arso nel 1394 dalla fazion ghibellina, perchè colà dentro, secondo narra la storia, si radunavano i Guelfi, per consigliar le cose loro con Giacomo del Fiesco. Lo restaurò nel 1403 il suo successore, Pileo de’ Marini, il cui nome, col pastorale e l’altre insegne, così del grado come della sua nobiltà, si vede tuttavia scolpito in pietra nera daccanto al portone del monastero.

Ma i vescovi, poi diventati arcivescovi, che avevano già posto la sede presso il duomo di San Lorenzo, non tornarono al Castello, e nel 1449, l’antica dimora del metropolitano fu venduta a Filippina Doria, genovese, e a Tommasina Gambacurta, pisana, monache ambedue, venute in età quasi decrepita da Pisa, ov’erano vissute in quel monistero di San Domenico. Il nuovo convento s’intitolò dal ❘Corpus Domini.

Pochi anni dopo, Nicolò V concedeva loro l’attigua chiesa parrocchiale di San Silvestro, che dovea dare un nome più stabile al convento, mentre le monache, domenicane dapprima, si chiamarono donne di Pisa, fino a tanto, riunite ad esse nel 1797 le francescane d’altri conventi soppressi, tutte si posero sotto l’invocazione di santa Chiara, e si chiamarono Clarisse.

A questi cenni, veramente, sarebbe luogo più acconcio un libro di storia erudita. Ce ne scusi presso i lettori la divozione paesana a quella sacra altura che serba le più antiche ricordanze di Genova. E adesso mettiamo la storia da banda lasciando ai contemporanei la cura di ricordare che nel 1857, a’ tempi del nostro racconto, c’erano ancora le Clarisse nel monastero di San Silvestro. Eglino poi ci consentano di aggiungere che v’era badessa una Madre Maria Concetta, zia della marchesa Ginevra. Della qual cosa, e d’altre non poche, avranno a capacitarsi con noi, se vorranno seguirci oltre la clausura, da noi facilmente violata, senza far contro alle ecclesiastiche discipline.