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Qui Bonaventura si rammentò di aver suonato pur dianzi inutilmente; epperò, afferrata da capo la nappa, diede una strappata padronale al campanello, che mandò tosto un subbisso di acutissime note.
— Chi è? — dimandò una voce lontana, vogliam dire che non era dall’anticamera.
— Son io, signora Marianna.
— Vengo, vengo.... Son qui col ferro alle mani. — Poco stante la signora Marianna si mosse; e Bonaventura udì il passo frettoloso della sua governante nell’anticamera.
— È lei, Padre?...
— Son io, apra, son io.
— Gli è perchè sono sola in casa; — disse la signora Marianna, con aria impacciata, in quella che faceva girar l’uscio sugli arpioni per lasciar passare il padrone; — e non si sa mai....
— Sta bene, sta bene; — interruppe egli. — Intanto ho dovuto suonare due volte.
— Non ho udito, padre, non ho udito. Ero in cucina a mutare i ferri sul fornello. Poi ci avevo una sua camicia sullo stiratoio....
— Chi è stato qui? — domandò Bonaventura, interrompendola un’altra volta.
— Nessuno, padre. Perchè?
— Credevo ci fosse stato qualcuno. Sento un certo puzzo di fumo.... —
Alla parola fumo la signora Marianna si fece di fuoco.
— Fumo? — esclamò ella. — O non sa che io faccio cucina a carbone?
— Che carbone, che cucina? Intendo fumo di tabacco. Anzi, mi pare che ne sappia lei, signora Marianna.
— Gesummaria! — gridò la governante, giungendo le palme. — Ma sì.... ora che ci penso.... Ella ha ragione. Eppure, m’ero così bene risciacquata il viso!
— Che è avvenuto? Le doleva un dente, ed ha fumato un sigaro?
— Oh, grazie al cielo, li ho tutti sani, e poi il puzzo del sigaro non lo posso patire. Se sapesse piuttosto che cosa m’è accaduto stamane....
— Sentiamo; non mi tenga sulla corda.
— Ecco; quand’ella è uscita di casa, ho detto tra me: il padrone non torna prima delle tre; io ho dunque tempo a dar sesto a tutte le faccende di casa, ed anche a sentire la santa messa. Ella saprà che oggi è San Michele, arcangelo