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prigione. — Così rimaneva fuor di città, nei pressi di Bolzaneto, ma senza uscire di casa; prima, perchè lo stato dell’animo suo non era da andar girelloni, poi perchè era la stagione della villeggiatura, e ad uscir fuori c’era pericolo che la gente chiacchierina lo adocchiasse, e allora non c’era più scampo.

— Non ti fidare dei ciarlieri di buona fede, — gli diceva l’amico, portando sassi al Bisagno e campane a Genova. — I signori di palazzo Ducale ci fanno molto assegnamento, su questa classe di galantuomini. Uno solo di questi linguacciuti fa migliore ufficio che non una dozzina di spie. —

E Lorenzo, tra per arrendevolezza e per naturale desiderio, rimaneva chiuso, non pure in casa, ma in camera; svigorito, scorato, come sarà facile intendere, e col rammarico di vivere alle spese dell’Assereto, il quale, se era ricco di cuore, non era altrimenti ricco di borsa.

Ma egli avvenne che un giorno, essendo andato a visitarlo, e vedutolo così giù dell’animo, Aloise gli profferse, con quella amorosa cortesia che non patisce rifiuti, più sicura e più libera ospitalità nel suo castello di Montalto, che, come i lettori rammentano, era posto in cima ad una di quelle tante gole di monti che fiancheggiano la Polcevera.

— Andatevene alla Montalda! — gli disse. — È una rocca solitaria, una vera bicocca ascosa tra i greppi, ultimo ricordo de’ miei maggiori. Colà son nato; colà è sepolta mia madre. Quando son triste me ne vado lassù. Dovrei andarci piuttosto quando son lieto, per temperare la baldanza delle illusioni, e misurare dall’alto il nulla delle umane speranze. Ma che volete? siam fatti così. Perchè non vengo da voi quando son gaio, quando il futuro mi arride pieno di dolci promesse? Perchè, quando son mesto, come oggi, invilito, sento il bisogno di venire a passar due ore con voi? Eppure vi amo, Lorenzo, e so che la vostra amicizia è più schietta, più salda, di tanti rapimenti del cuore.... Ma lasciamo stare le mie malinconie; parliamo delle vostre. Lassù sarete triste a vostro bell’agio. Il luogo non è gaio, di fatto. Ma almeno voi non intisichirete, come in questa clausura; ma almeno potrete correre a vostra posta, al cielo aperto, quando il soverchio dell’amarezza, rompendo dal cuore, vi spingerà le maledizioni sul labbro, vano sfogo della creatura che soffre. Ed anche la forza del maledire vi verrà meno lassù, poichè sarete vicino alla tomba di una donna, la quale è vissuta come una martire, ed è morta come una santa,