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— Hai veduto? Ci squadrano dal capo alle piante come bordaglia di strada. Ma riderà bene....

— Chi riderà l’ultimo! — gridò Lorenzo, levando le parole di bocca al compagno. — Hai ragione, Assereto. Ora usami questa cortesia, di aspettare un poco in santa pace. Sono le quattro e quaranta minuti, e il ritrovo davanti alla chiesa è fermo per le cinque. Il Collini non vorrà tardare più molto. Forse ha perduto tempo a trovar la carrozza. Aspettiamo dunque.... fino a tanto che si può.

— In questo caso, ottimo Lorenzo, tu sveglierai me, quando l’eroe sarà giunto, o tu ti sarai stancato di attenderlo. —

Così parlò quella buona lana dell’Assereto, e ravvoltosi bene nel suo mantello si sdraiò sul sedile di lavagna che correva intorno ai murelli del terrazzo, cercando di pisolare un tantino.


VI.

Nel quale si dimostra che l’Enfisema non è un personaggio greco.

L’aspettare è la più brutta, la più fastidiosa delle occupazioni, anche quando non si abbia altro da aspettare che un amico, per andar di brigata a desinare in campagna; figuriamoci poi quando sia per un così grave negozio, come quello per cui Lorenzo e l’Assereto aspettavano il dottor Collini.

I preliminari di un duello e il tempo che scorre dalla disfida ai colpi, sono la pietra di paragone del coraggio di due avversarii. Ai tempi antichi, quando i gentiluomini portavano tutti la spada al fianco, il combattimento si faceva di sovente appena avvenuta la provocazione. Oggi, in cambio, manca l’uso dell’arma e manca per conseguenza l’occasione di far subito. Bisogna anzitutto mettersi in balía di due padrini, i quali trattano, e qualche volta anco bistrattano la faccenda. Poi si ha da dormirci su; poi bisogna svegliarsi fuor d’ora, vestirsi, uscire e andar sul terreno, aspettare che i padrini s’intendano su cento minuzie, scelgano il luogo, misurino il campo, dividano, giuochino a sorte il lato migliore, visitino il petto e le brac-