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e stava facendo qualche giunterella alla biografia dei Torre Vivaldi.

Là entro potevate leggere vita e miracoli del marchese Antoniotto, della madre di lui, del padre e d’altri aderenti alla famiglia. Veniva quindi la storia della bella Ginevra dagli occhi verdi, a gran pezza più lunga di quella del marito. E non era già perchè ci fosse molto a dire della bella marchesa, ma perchè, rispetto alle donne, il padre Bonaventura diventava più facilmente prolisso. Degli uomini notava i fatti, stringendoli in brevi parole; delle donne poi o, per dir meglio, di certe donne, notava le opere, i pensieri e perfino le ommissioni. Egli a ragione pensava, la vita delle donne essere una trama così sottile e delicata di nonnulla, da non doversi dimenticare la più piccola cosa. Se la bilancia degli imponderabili non fosse stata trovata dai fisici, certo il padre Bonaventura l’avrebbe scoperta egli, per adoperarla in quelle biografie femminili.

Ora, se il tempo non stringesse, e le fila del dramma, fatte più numerose, non ci persuadessero della necessità di badare anzitutto a raccoglierle, vorremmo esporre ai lettori ciò che ha spigolato il padre Bonaventura intorno alla vita ed ai più riposti pensieri della bella Ginevra. La quale, a dir vero, quantunque sia tra le più spiccate figure del quadro, non ci ha ancora lasciato scorgere una parte del suo cuore, rimanendo per tutti enigmatica come la sfinge egiziana.

Ma questo si rechino in pace i lettori, condonando la passeggera molestia alle ineluttabili necessità del racconto. Una cosa già sanno; che l’entrata di Aloise dai Torre Vivaldi era un accorgimento del padre Bonaventura. Un’altra ne diremo loro: che il gesuita, aperto il volume decimonono delle Opere di Sant’Agostino, si pose diligentemente a notarvi il ricevimento del giovine, come gli era stato narrato dal marchese Antoniotto, aspettando che una lettera di Ginevra, alla viscontessa della Roche-Huart di Parigi, venisse a chiarirgli tutti i minuti particolari del felicissimo evento, ingrossando così la biografia dei Torre Vivaldi. Molt’altre ce n’erano già, debitamente trascritte, che la bella Ginevra andava scrivendo da sei anni alla sua amica di collegio, e che una mano misteriosa andava a sua volta ricopiando e rimandando a Genova, in quel medesimo palazzo dond’erano uscite.

Ginevra adunque, quell’anima chiusa, commetteva i suoi pensieri alla carta traditora? Sì veramente, questo era il punto debole di una armatura per tanti rispetti fortissima.