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le sue mani, da non insudiciarle sul viso o sul groppone della bordaglia, e si contentava di mettere in prigione.

Quella sua prepotenza del resto gli era passata liscia. Il marchese Antoniotto era padrone del paese, a cui recava tanto profitto colla sua villa, colla gente che vi attirava di continuo, colle limosine, coi donativi ond’era liberalissimo alla chiesa, al comune, e simili. I pochi che giunsero a risaperlo, non ne rifiatarono, e per certuni della sua pasta egli ebbe anzi fama d’uomo che voleva e sapeva farsi rispettare in casa sua, come fuori. Solo i giovani come il Pietrasanta e il Cigàla notarono che quello era un brutto arbitrio; ma essi per fermo non potevano farsi vendicatori della libertà offesa, e si contentarono di appioppare al marchese Antoniotto il soprannome di tiranno di Quinto.

In casa, tuttavia, quell’atto da medio evo non era stato compiuto senza un po’ di contrasto. La marchesa chiedendo grazia pel Menico, era giunta perfino a rammentare che la terra di Quinto era patrimonio dei Vivaldi, da lei portato al marito. Ma egli tenne fermo; rispose alla signora che un esempio era necessario, che la bordaglia bisognava farla stare a segno, e cento altre cose di quella fatta, dette con aria di molta deferenza alle preghiere di lei, ma che pure mostravano com’egli non volesse lasciarsi smuovere. Quando poi ne ebbe abbastanza, fece restituire il Menico in libertà, ma a patto andasse a ringraziar la marchesa, che aveva intercesso per lui.

E il pover uomo andò; rese grazie con le lagrime agli occhi; e il marchese Antoniotto, che era stato a vedere, gli disse con piglio amorevole:

- Andate, Menico, e non vi avvenga più mai di alzare la voce. Per quest’oggi intanto la marchesa vi concede di andarvene dai vostri parenti, ai quali ella v’incarica di dire che condona loro la pigione di quest’anno. -

Si trattava di un migliaio di lire e qualcos’altro; ma il marchese Antoniotto era largo signore, come tutti i despoti, e dopo averle negata la grazia di Menico, amava usare quella galanteria alla castellana di Quinto. Galanteria tanto più fine, in quanto che il perdono e il regalo erano concessi per modo che paressero venuti da lei.

Lasciamo argomentare a voi se il Menico fosse contento, e se corresse di buone gambe a, casa per annunziare quella benedizione. Gli parve anzi che il castigo fosse stato troppo lieve, e segnatamente meritato; laonde egli fu più ligio ai Torre-Vivaldi, più obbediente che mai. Natura umana!