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si fosse offerta. Càrdini della sua politica erano i libri Du Pape e Les soirées de Saint-Petersbourg, che Giuseppe De Maistre, il gran propugnatore della teocrazia e della autocrazia, il panegirista del carnefice, aveva gettati come una protesta e una minaccia del passato moribondo, contro la rivoluzione rinnovatrice. L’umor severo, la ricchezza e la nobiltà dei natali avevano posto in rilievo questo discepolo dei Gesuiti, che avrebbe potuto giunger davvero al governo della cosa pubblica, se l’apostolato continuo e gagliardo1 del suo avversario coetaneo, conducendo dal martirio al trionfo il concetto dell’unità italiana, non avesse spinto il Piemonte ad afferrar la bandiera tricolore, e guasti i disegni, sgominate le fila della reazione.

In que’ tempi che tutti gli animi cominciavano a risvegliarsi e si preparavano alle prime battaglie, il marchese Antoniotto si era posto deliberatamente a capo dei nemici d’ogni novità. Però era stato dei primi a biasimare i grilli liberaleschi di Pio IX, e ora struggendosi per le vittorie dei rivoluzionari, ora rallegrandosi delle loro sconfitte, era giunto finalmente a vedere il trionfo della sua causa. Allora corse giubilante ad ossequiare al Vaticano quel pontefice che dapprima lo aveva fatto tanto tremare; allora accettò d’essere nominato senatore da quel governo a cui aveva augurate le busse austriache per farlo rinsavire.

Certo, restava ancor molto a fare, innanzi di mettere a segno i rompicolli; nella cenere covavano ancora di molte faville; il governo non faceva prova di bastevole energia contro i ribelli, e peggio ancora, ne’ suoi diportamenti verso i degni ministri della chiesa, non si mostrava troppo tenero della santa causa. Ma a questo avrebbe portato rimedio il tempo; le ire sarebbero sbollite; uomini di buona tempera andando man mano in alto, avrebbero rimutato l’indirizzo della cosa pubblica. Intanto le file del partito si ristringessero, non perdonando a fatiche, non dispregiando nessun argomento, anco il più modesto e lontano dallo intento comune, che desse modo di operare. Si facessero vivi, insomma, e sapessero usare di una certa larghezza d’animo, per raccattare que’ fuorviati della parte loro, capi scarichi i quali s’erano un bel giorno scaldati per le riforme e per la indipendenza italiana, e dopo aver scritto inni a Carlo Alberto, arringato il popolo plaudente e messo un tratto il berretto frigio sulla parrucca incipriata, s’erano spauriti del loro ardimento, doluti delle loro pazzie, a guisa di chi si svegli in quaresima, e si vergogni della baldoria fatta in

  1. Nell’originale "gagiardo".