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— Orbene, padre mio, se non vi spiace, starò vicino a voi, farò di non tremare. Se mi vedrete una brutta cera, ditemelo subito; la vergogna mi farà diventar rosso come questa camicia.

— Te lo darò io, il rimedio contro la commozione del primo fuoco; — disse il maggiore. — Mettiti a cantare la Marsigliese, e ti sentirai un cuor di leone.

— Avete ragione, padre mio; ma io non la canterò certamente in francese.

— E perchè?

— Perchè non mi pare ben fatto cantarla nella stessa lingua di chi viene ad assalirci. Voi avete detto ch’io porto amore ai Francesi, e, sebbene celiando, avete colto nel segno. Io amo molto i Francesi, perchè sono un gran popolo, ed hanno fatto di grandi cose nel mondo; ma la lingua della patria innanzi tutto. Ed io, per far le schioppettate con loro, come dobbiamo, essendo assaliti, vedrò di scordare che hanno fatta la rivoluzione dell’89 e promulgati i diritti dell’uomo.

— Ecco, tu parli come un uomo di Stato, mio buon Lorenzino; — disse Rigo Salvani, accarezzando i neri capegli del figlio. — Ma perchè non vorrai tu cantare la Marsigliese nella sua lingua nativa? È il canto della libertà, e la libertà è patrimonio di tutte le nazioni. D’altra parte, mi dicono che sia impossibile voltarlo in italiano, conservando tutti quei tronchi che sono nell’indole della lingua francese.

— Oh! — rispose Lorenzo con la baldanza spensierata che è propria dei giovani. — Se la difficoltà è tutta nei tronchi, non è cosa da spaventarsene; e poichè l’essenziale è di poterla cantare, io ne sono venuto a capo. Non ci sarà la forza dell’originale; ma la musica supplisce al difetto. Sentite un po’.

E l’adolescente cominciò in questo modo a cantare:

Prodi, orsù; per la terra natia
     Il bel dì della gloria spuntò.
     Contro noi la tirannide ria
     Lo stendardo sanguigno levò.
     Udite voi? — L’empie coorti
     Van ruggendo per l’arso terren;
     Vengono, vengono, sul vostro sen
     A sgozzarvi figliuoli e consorti.
          All’armi, cittadini
     Stretti a drappel moviam!
     Corriam, d’un sangue vil
     Que’ solchi abbeveriam!