Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 136 — |
ecco in qual modo lo hanno sollevato dalla sua fiacchezza.
— Volete dire che lo hanno tirato più presso alla sepoltura, — interruppe il gesuita.
— Questo poi non lo so; non avrei mai potuto immaginarlo; — rispose il maggiordomo, facendosi incontro alla ipocrisia del padre Bonaventura. — Anch’io me ne stavo all’apparenza.
— E l’apparenza inganna! — soggiunse il gesuita. — Voi per esempio, messer Battista, ne siete la prova lampante. Chi al vedervi, non vi direbbe un onest’uomo? Battista chinò il capo e non rispose nulla.
— Ma via, a tutto c’è rimedio. Avete confessato il mal fatto; ed io voglio usarvi misericordia, se mi promettete di attenervi ai miei comandi.
— Son pronto a tutto! — rispose umilmente Battista.
— Orbene, aspettatemi un po’. — E così dicendo il padre Bonaventura si alzò, e corso all’uscio, disparve, lasciando il povero maggiordomo pauroso ed incerto in mezzo alla stanza.
Il dottor Collini stava in quell’altra camera dove il padre Bonaventura era andato a cercarlo, e tenendosi presso all’uscio aveva origliato tutto quel dialogo. Però egli non ebbe mestieri di molte spiegazioni del maestro, per dirgli con accento di sicurezza:
— Non dubitate, padre mio; ho già rimediato a tutto, purchè quest’uomo voglia servirci.
— In quanto a ciò, ve ne sto io mallevadore. Venite dunque. Ed ambedue entrarono nello studio, dove ebbero col maggiordomo del signor Vitali una conversazione edificante, la quale i nostri lettori avranno soltanto ad indovinare, da quello che ne avvenne di poi.
XVI.
Dove si chiariscono gli effetti della contromina.
— Padre, mi sento assai male.
— Eh, lo vedo, lo vedo pur troppo dagli effetti. Ma che cosa si sente?
— Un grave ingombro allo stomaco; non posso più digerire. La tosse mi molesta da capo....