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per un giardiniere suo pari, accanto al sarchiello ed all’innaffiatoio, e’ ci aveva un grosso cannocchiale da teatro.

Il padre Bonaventura andava pazzo per l’arte del giardiniere, e l’educazione dei fiori, come di tutte le pianticelle degli orti, era il suo passatempo prediletto.

Orticultura, fioricultura, sollazzi proprii delle anime innocenti! Ma se il padre Bonaventura, che amava tanto i fiori, le lattughe e il prezzemolo, non era un’anima innocente, non era neanche un tristo, nè un furbo volgare; bensì qualche cosa di più grosso, un uomo d’ingegno, nato per comandare a’ suoi simili. Un tempo, il suo gran diletto era stato quello di far discepoli. Era gesuita, maestro esercitato nelle più astruse discipline, e i giovani posti nelle sue mani facevano ottima prova; testimone il Collini, che era stato suo discepolo, e si chiariva profondo nell’arte sua, com’era sottile in ogni maniera di accorgimenti.

Non avendo più giovinetti da tirar su nello studio, il padre Bonaventura educava i garofani e le camelie con lo stesso amore, con la stessa perseveranza di assidue cure. A Genova dimorava per antica consuetudine, e sebbene fin dal tempo della cacciata dei Gesuiti egli avesse gittato l’abito, rimaneva in Genova ugualmente utile alla Compagnia, per tutte quelle cose che verremo dicendo, e teneva carteggio pressochè quotidiano col padre generale dell’Ordine.

Uomo di lui più destro ad ogni maniera di lavori non si sarebbe potuto trovare. Egli però continuava ad essere come ministro plenipotenziario in un luogo dove i suoi non erano più ufficialmente rappresentati, e più utile assai di un vescovo nominato in partibus infidelium, egli poteva dirsi un agente segreto, ma potentissimo, in una città dove non avrebbe potuto stare, nè giovar molto, con aperta dignità di padre provinciale. Era quello un posto difficile, epperò fatto a bella posta per un uomo di fede provata e di accorgimento sopraffino, come veramente appariva il padre Bonaventura; nè poco era il lavoro, nè lieve la malleveria dell’ufficio.

A Genova, nel tempo di cui parliamo, la libertà aveva largamente fruttificato. Quello spirito d’indipendenza che deriva dall’uso dei traffichi, e dal continuo muoversi d’una popolazione marinara, la lontananza dalla sede del governo, e le stesse ricordanze repubblicane del paese, erano un potentissimo aiuto allo svolgimento dei concetti liberali consacrati dalla rivoluzione del 1847 e dalle riforme legislative che l’avevano accompagnata.