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e postele in croce ne offersi le due impugnature al mio avversario. Egli ne prese una, ed io l’altra, muovendo tosto verso il giardino. Ma egli non pensava a seguirmi; teneva la spada in mano come una croce, ne guardava l’impugnatura e metteva un sospiro.
— Che? — gridai stupefatto. — Ti dispiace?
— Eh sì! pensando che le ho portate io.... È dura, sai!
— Rinunzia.... a lei.
— No; — proruppe egli, dandomi un’occhiata che pareva volesse passarmi fuor fuori.
— Perchè, no? finalmente, che speranze hai?
— E tu?
— Capisco, — ripigliai, — che potremmo leticare così fino al giorno del giudizio.
— All’infinito, dunque; — commentò Filippo. — A te non verrà mai, il giudizio. —
Gli risposi con una spallata, e gli feci cenno di passare in giardino.
— Per che fare? — mi domandò.
— Per cominciare. Io butterò la mia giacca, tu butterai la tua, e saremo subito in arnese di combattimento.