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guizzando subito fuori e rimettendomi in guardia. Seguono gli assalti, e non mi lascio toccar più; un altro suo tentativo di manichino è rotto da un guadagno di lama, seguito a volo da un colpo alla faccia.
— Ho il mio conto; — dice Terenzio, levandosi la maschera ed asciugando il sudore. — E questa poi me la son meritata, col mio ritorno al controtaglio. Piuttosto mi par duro essermi lasciato colpire di punta.
— E a me ne duole moltissimo; — rispondo. — È un vizio di metodo. Anche colla sciabola faccio, senza volerlo, il giuoco della spada; rischiando poi, se non mi vien bene il colpo, di farmi affettare una spalla.
— Non temo che ciò le succeda, se ha tanto sicuro l’atto di portare il taglio in su, e così veloce l’attacco. Quanto al vizio di metodo, glielo invidio. L’ho sempre detto io, che il giuoco di sciabola va fatto più serrato, sì, più serrato, come quel della spada in certi casi; e in tutti gli altri, non troppo distante di lì. —
La dottrina e l’asseveranza compensano