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avrei immaginato mai, e che son lieto di riconoscere.
Si domanda il bis; ma Enrico Dal Ciotto è stando, e non lo concede.
— Si provi Lei; — mi dice la signorina Wilson, che è seduta ai primi posti, e che non dubita di rivolgermi il discorso, quando c’è gente.
— Volentieri; — le rispondo; — per farmi battere. —
E m’avanzo sul tavolato, per calzare il guanto o metter la maschera.
— Animo! — mi bisbiglia Filippo, mentre mi aiuta fraternamente nell’opera. — Qui si parrà la tua nobilitate. —
Lo spero bene. È chiaro come il sole, che ne buscherò parecchie, anzi molte; ma non farò la figura di Enrico Dal Ciotto, e ne restituirò più d’una.
Incominciamo guardinghi, studiandoci l’un l’altro, facendo di passata un po’ di fioriture accademiche. Filippo Ferri ama i principii a tavola; li ama ancora sul tavolato. S’impegna un giuoco serrato di finte, di parate, di at-